Forse la dimora di Ulisse e Polifemo nella Peschiera di Tiberio a Sperlonga

Vista della Peschiera

La presunta dimora dei due personaggi mitici resi famosi dall’Odissea, è stata oggetto da indagini effettuate dal 1957 che hanno riportato in luce solo una parte dei resti. Agli inizi dell’età imperiale, in concomitanza con un radicale intervento di ristrutturazione, l’antro – in parte lasciato nella forma naturale e in parte modificato con murature – venne trasformato in paesaggio mitologico. All’interno furono ricavati due ambienti su una piscina circolare (diam. m. 12) collegata a una grande vasca esterna rettangolare comunicante a sua volta con una più piccola dal fondo loculato. In questo articolato sistema di piscinae, si può riconoscere uno di quei costosi e raffinati vivaria che i ricchi possidenti romani usarono impiantare
nelle ville della costa campano-laziale, per l’allevamento di frutti di mare e di specie ittiche pregiate. Al centro della vasca rettangolare fu realizzata un’insuladestinata ad
Le rovine
accogliere un triclinio, punto di osservazione privilegiato dei quattro gruppi principali raffiguranti le imprese di Ulisse e le sue peregrinazioni: accecamento di Polifemo, assalto del mostro Scilla alla nave, ratto del Palladio e infine il cosiddetto Pasquino, identificato con Ulisse che trascina il corpo di Achille. Altri elementi hanno ampliato questa “Odissea di marmo” con la statua di Ganimede rapito dall’aquila di Zeus posta in alto, ad ornamento dell’apertura della caverna. La villa vera e propria, di modeste dimensioni, risale alla tarda età repubblicana e venne forse ereditata da Tiberio dalla madre Livia originaria di Fondi. I resti visibili consistono in una serie di ambienti
La peschiera e l’antro
disposti attorno ad un cortile porticato, con una serie di ambienti di servizio, più volte ristrutturati, una fornace e un forno per il pane. La struttura che suscita maggiore ammirazione è la spelunca – da cui Sperlonga – una grotta naturale posta a poche decine di metri dalla riva del mare, inglobata nella villa come teatro naturale. Qui sono stati rinvenuti i quattro celebri gruppi scultorei (definiti “L’Odissea di marmo”), rappresentanti le imprese di Ulisse.

Schema del sito
La grotta è costituita da una cavità principale, profonda 33 metri, il cui ingresso è preceduto da un grandioso bacino rettangolare (peschiera) riempito d’acqua di mare, al centro del quale era collocato un padiglione con una cenatio, una sala da banchetti estiva. Il bacino comunicava con una piscina circolare dove, su un basamento era collocato il gruppo scultoreo di Scilla che attacca la nave di Ulisse. Un’iscrizione ricorda che si trattava di Argo, la celebre imbarcazione degli Argonauti. La seconda cavità è la più spettacolare del complesso: un podio con profilo a nicchiette costituiva il pavimento interno; al di sopra scorreva un velo d’acqua che confluiva nella piscina circolare. Sullo sfondo era ricavata
La vasca nell’antro
un’ampia nicchia, che ospitava il gruppo scultoreo più famoso, quello dell’accecamento di Polifemo da parte di Ulisse. Sul lato destro della grotta in prossimità del mare furono rinvenuti due busti di Attis su colonnine oggi al NY Carlsberg Glyptotek di Copenaghen ed una statua di Andromeda ora al Museo Nazionale di Napoli. Tutto il complesso mostra l’inclinazione di Tiberio verso la cultura ellenistica e la poesia omerica, passione che sicuramente concorse a far amare all’imperatore la villa della spelunca. È da presumere che qui si sia verificato, nel 26 d. C., il drammatico episodio narrato da Svetonio e Tacito: mentre stava banchettando, il distacco improvviso di alcune rocce aveva ucciso dei servi e avrebbe potuto rivelarsi fatale per lo stesso imperatore se Seiano, il prefetto del pretorio, non lo avesse protetto con il proprio corpo.
 
Giancarlo Pavia