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Repubblica |
Predrag Matvejevic è morto senza il riconoscimento che gli spettava,
quel premio Nobel che solo un anno fa un
comitato di giornalisti e scrittori, tra cui Giulia D’Angelo e la Libreria il Mare, reclamava con
urgenza, omaggio ad un grande, già malato, già prossimo alla fine. Si è
spento ieri a Zagabria. Aveva 84 anni, e da tempo si era allontanato
dal dibattito pubblico, tradito da una salute malferma. Avrebbe meritato il Nobel solo per
Breviario Mediterraneo,
la sua opera più famosa, splendido saggio “geopoetico”, “diario di
bordo”, “romanzo sui luoghi'” tradotto in 20 lingue e considerato da
Magris “un libro geniale, fulminante, inatteso”.
Predrag, persona
dolcissima e colta, un guerriero delle battaglie in difesa dei diritti
dell'uomo, sempre a fianco dei dissidenti del blocco dell'Est,
perseguitati dal potere, da Sacharov ad Havel, da Kundera a Sinjavskij.
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Corriere della Sera |
Lui stesso perseguitato e inviso alle autorità croate, condannato a
cinque mesi di prigione nel novembre del 2005 da un tribunale di
Zagabria. Aveva osato rompere l’ipocrisia di regime scrivendo, nel 2001,
un saggio in cui accusava alcuni scrittori di essere stati
“guerrafondai” durante le guerre jugoslave. Li chiamò “i nostri
Talebani” e l'establishment gli si rivoltò contro. Processato per
calunnia e diffamazione accettò la condanna come una medaglia,
rinunciando all’appello: “Non voglio riconoscere l'autorità di chi ha
emesso questa sentenza”. Predrag innamorato e critico della sua
terra. Era nato a Mostar, allora Jugoslavia, oggi Bosnia ed Erzegovina,
il padre russo di Odessa, la madre croata.
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Il Messaggero |
Una miscela di razze e
culture. Radici multiculturali, un’apertura verso il mondo che lo
distingueva da altri intellettuali omologati al sistema. Matvejevic
insegna slavistica alla di Roma, dal 1994 al 2007. Prima è docente a
Zagabria e alla Sorbona. La Francia gli concede la Legion d’Onore,
l'Italia la cittadinanza che lui esibisce con orgoglio, così come si
sente lusingato quando la Commissione europea di Prodi lo inserisce nel
Gruppo dei saggi per il Mediterraneo. Nel 1987 “Breviario” gli ha dato
fama internazionale ma lui, corteggiato da editori e giornali, rimane
sempre lo stesso, ironico fino alla dissacrazione, legatissimo ai suoi
studenti, amante della buona cucina, della vita, sempre in fuga, sempre
in bilico, “tra asilo ed esilio”. Un europeista convinto e lucidamente
pessimista: “Ci sono troppe fratture nel Mediterraneo. Tanto a Nord quanto a Sud l'insieme del bacino si lega con difficoltà al continente e ciò genera frustrazioni e fantasmi”. Frustrazioni, fantasmi, guerre, sangue e “democrature”. Democrature è un neologismo che porta la sua firma. Democrature sono “quei regimi, formalmente democratici, in realtà oligarchici”. Matvejevic conia l'espressione in riferimento ai Paesi del socialismo reale. Ma, in anni più recenti, lo scrittore, con amarezza, individua tracce di “democratura” anche nell'Europa liberale e socialdemocratica.
Una lunga carriera, una lunga vita, gli ultimi
anni di silenzio. Lo ricoverano in un reparto psichiatrico a Zagabria,
poi in una casa di riposo, chiuso in una stanza piccola. Parte la catena
dei suoi molti estimatori che chiedono per lui quel Nobel che non
arriverà. Nei momenti migliori già pensa ad un nuovo libro “sui popoli
sommersi”. Ne aveva scritto uno, bellissimo, sul pane,
Pane Nostro
(2010). “Gli uomini e le donne – osservava Matvejevic - si sono sempre
messi in viaggio, e lo fanno tuttora, verso quelle terre in cui il pane
si sforna in gran quantità. E dove, per eccedenza, viene buttato ogni
giorno al calar della sera. Ancora oggi, come disse una volta Pjotr
Kropotkin, “la questione del pane è più importante di tutte le altre”.
Grande Predrag.
Alessandra Longo