Viaggi naturali guardando fuori dal finestrino di un treno


Nel mondo degli ambientalisti – una parola che non è più di moda – e dei naturalisti, Andrea Ferraretto, persona gentile, sempre a modo e sorridente, è difficile da inquadrare. Lui parte da economista con una spiccata tendenza a scrutare e cercare la sostenibilità – parola questa oltremodo abusata – e a navigare nella Green Economy per cambiare quello che proprio non va. Poi arriva a raccontare i luoghi e i fatti che più lo colpiscono e lo emozionano. Andrea da sempre è curioso di vedere come potrebbe funzionare il mondo prestando attenzione alla natura e ai suoi cicli. Nella foto Andrea Ferraretto a bordo del treno della Transiberiana Così nel presentarlo al pubblico di MareMagazine devo partire dal Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise dove Ferraretto svolse la sua tesi, “un millennio fa”, per vedere come funzionavano le entrate e le uscite economiche nel cuore di un’area protetta e poi prendere un treno, ipotetico questo, per girare in lungo e in largo l’Italia, molto lungo le coste mediterranee, poi in montagna ma con una serie di sconfinamenti in Istria, a Lubiana, fino a Berlino. Il treno di Andrea è il suo libro Viaggi naturali, stampato dalla Depakaging Edition, in cui sono raccolti gli
articoli pubblicati sul sito LaStampa.it-TUTTOGREEN. Lui immagina di percorrere una ferrovia e
standosene comodo a guardare fuori dal finestrino (il treno è un fantastico modo di approfondire tutte le branche del sapere, dalla geografia, alla storia, alle scienze, all’arte) individua 35 luoghi, 35 mete, 35 storie e li presenta per far capire a chi leggerà il libro che c’è un altro modo di fare, di programmare, di sfruttare le risorse, alla fine di vivere MEGLIO. Così sono salito sul treno anch’io e subito sono rimasto di stucco (o di sasso) perché Andrea Ferraretto comincia a narrare passando davanti al lago di Burano, un ambiente poco noto (conosciutissimo è invece il borgo toscano di Capalbio che sta proprio sulle colline alla spalle) la prima Oasi di protezione faunistica del Wwf Italia, all’inizio dell’avventura di questa benemerita associazione che compie quest’anno 50 anni di vita. Andrea guarda da fuori questo piccolo lago costiero che difende e protegge una quantità impressionante di anatre selvatiche e aironi e fenicotteri e gru e cigni durante le migrazioni autunnali e primaverili. È qualcosa che faccio anch’io quando sono in treno e passo, velocemente, accanto ad ambienti naturali importanti: so di avere un minuto o meno per guardare e mi preparo perché poi ho appena il tempo per verificare che questi luoghi esistono ancora.
Tramonto su Procida
Sono lì, protetti, salvati e possono spiegarci facilmente cosa vorrebbe dire usare il territorio per un turismo di conoscenza e di attenzione (non urlato e sporcato), per uno sfruttamento della pesca, in questo caso, che non distrugge nulla ma che sapientemente raccoglie nei momenti giusti quanto il ciclo della natura può darci (soprattutto spigole e cefali in questo caso). Mi accorgo, a questo punto, che sto scrivendo cose che Fulco Pratesi, il nostro Fulco, ha scritto nella prefazione. Giuro che non l’avevo letta prima di cominciare a scrivere ma ora sorrido all’idea di sempre: siamo sulla stessa lunghezza d’onda da sempre, da quando dipingevo in uno studio che era accanto a quello di architetto di Fulco Pratesi a metà degli anni Sessanta, in via Micheli a Roma. Da prima che nascesse l’associazione italiana per il World Wildlife Fund. Ma torno al
Casale della Giannella
viaggio di Andrea Ferraretto e vedo sfilare la nostra costa (Procida, Torre Guaceto, il Giglio, Bergeggi, Torre Flavia) e le nostre montagne: dal Gran Paradiso alle Alpi Marittime, ai Sibillini, alla Maiella. Andrea racconta di animali e uomini, di lupi perfino. E qui resto ancora una volta sbigottito perché Andrea Ferraretto parla di Sauris, del suo carnevale, di questo borgo delle Alpi Carniche. Caspita! Ma come fa a conoscere questo posto dove capitai forse 50 anni fa in pieno autunno sfolgorante di colori caldi: oro, bruno,giallo, rosso. Ma non è finita: la sorpresa ancora più grande la riserva il capitolo dedicato all’orrido di Stanghe, sudtirolo taliano vicino a Vipiteno, dove il torrente Racines si infila in una gola e scava nei millenni il marmo bianco - sì
proprio marmo bianco – formando una serie di piccole cascate: l’acqua è azzurra, perfetta. E lo scenario si svela passando da un ponte di legno all’altro. Diavolo di un Ferraretto! Qui ci andavo a pescare – non nell’orrido ma sul Racines più a valle - con uno zio che ora non c’è più e che mi insegnò l’arte di catturare trote. Bene, i racconti di Ferraretto sono tutta una sorpresa. E alla fine dei suoi Viaggi naturali ci lascia con i ritratti di quelli che chiama i testimoni della Natura maiuscola. Tre esempi: ancora Pratesi e i suoi 80 anni appena compiuti, Franco Pedrotti, botanico insigne, e Antonio Cederna, l’unico scomparso. Di Fulco abbiamo detto e scritto tutto, noi gli irriducibili, quelli che lo considerano fondamentale nella storia contemporanea della protezione della natura. Antonio Cederna è stato il combattente che non cedeva di un centimetro contro i “vandali in casa”. In un certo senso ho gelosia nei confronti di Ferraretto perché ho sempre considerato Cederna, il mio maestro di giornalismo. Per ultimo Franco Pedrotti, memoria storica delle battaglie di un tempo, trentinazzo senza un attimo di tregua, professore emerito a Camerino, dove Andrea Ferraretto ha insegnato e dove oggi guardiamo esterrefatti le devastazioni dell’ultimo terremoto. Non ne volevo parlare ma non posso farne a meno. I Viaggi naturali di Andrea finiscono suo malgrado dove la terra si contorce e dove cadono come birilli accanto a manufatti antichissimi anche le case moderne, quelle costruite da chi non ha mai avuto in conto il bene comune ma la cupidigia e l’incultura.
 Fabrizio Carbone