A Santa Severa tra lamine d’oro e parco archeologico Castrum Novum

Il Museo del Mare e della Navigazione Antica di Santa Severa ve lo abbiamo già presentato lo scorso agosto invitandovi a visitarlo. Se lo avete fatto allora non vi siete persi gli appuntamenti dell’iniziativa Estate in Blu, la XV edizione del ciclo di conferenze scientifiche divulgative che hanno avuto per tema “Uomini, cose e paesaggi del mondo antico” organizzate con la collaborazione del Gruppo Archeologico del Territorio Cerite. Il fondatore e responsabile tecnico scientifico è Flavio Enei, archeologo, direttore del Museo del Mare. Si tratta di un'associazione volontaristica, nata nel 1999, di cittadini impegnati per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali, con particolare riferimento al
patrimonio storico-archeologico dell'antico territorio cerite. L'Associazione forte del contributo di
archeologi, filologi, storici, architetti e storici dell'arte organizza corsi, conferenze, visite, campi scuola e campagne di ricerca, tutte attività destinate ad avvicinare i cittadini alla conoscenza del mondo antico e dell'archeologia. Con l’ultimo appuntamento che ha chiuso l’Estate cerite si è parlato delle celebrate Lamine d’oro per fare il punto su cosa si sa a 50 anni dalla loro scoperta con la presentazione del libro scritto in maniera collegiale. Negli anni ’60 e ’70 ci sono state centinaia di pubblicazioni perché i più importanti linguisti protagonisti della scoperta erano in vita. Ora c’è un maggiore interesse così il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) ha pensato di rivisitarlo pubblicando un grande
dizionario enciclopedico della civiltà fenicio-punica un’opera che raccoglie in ordine alfabetico tutte le voci di interesse punicologico. A parlarne è stato il ricercatore e etruscologo Vincenzo Bellelli che nel dizionario ha trattato la voce Pyrgi. Era l’otto luglio del 1964 quando nel sito etrusco di Pyrgi, nei pressi di Santa Severa furono rinvenute le tre lamine, due d’oro e una di bronzo, alte circa 20 cm, risalgono alla fine del VI o all'inizio del V secolo a. C. una con un testo in fenicio, l’altra in lingua etrusca, la terza invece ha un testo in etrusco di 9 righe. Si tratta di un'iscrizione sacra: i documenti testimoniano la consacrazione del tempio alla dea etrusca Uni assimilata alla fenicia Astarte da parte di Thefarie Velians magistrato della città di Caere, l’odierna Cerveteri.
Non sono propriamente dei testi bilingui in quanto presentano alcune differenze di contenuto. Anche se non non comparabili – per l’imperfetta corrispondenza di contenuti e per la lunghezza inferiore – alla famosa stele di Rosetta, che ha permesso la quasi totale decifrazione dei geroglifici egizi, le lamine di Pyrgi hanno comunque permesso un miglioramento della comprensione della lingua etrusca.
Furono trovate avvoltolate, come cannelloni o omelette (vedi foto a destra), raccontano gli archeologi, sistemate una accanto all’altra e c’era una quarta lamina ma di bronzo molto importante, un documento epigrafico eccezionale, purtroppo ridotta in molti pezzi. Le lamine esposte al Museo di Villa Giulia sono una copia, gli originali sono conservati presso la Banca d'Italia, sono sottilissime foglie d’oro, come pagine di quaderno, con i margini forati perché erano affisse, iscritte in fenicio e in etrusco e una in etrusco più breve. La datazione è confermata poco dopo il regno di Tarquinio il Superboe l’esame della forma delle lettere, conferma che è fenicio di Cartagine.

A Santa Marinella, poco distante dal Museo del Mare, è tornato alla luce l’impianto della città romana di Castrum Novum, colonia marittima di epoca repubblicana, del 264 a. C., con un tratto delle mura di cinta, spesse circa 3 metri e lunghe almeno cento. Dal 2010 lo scavo è curato da un’equipe internazionale italo-francese, ed ora anche Boema , ed è coordinato da Flavio Enei, archeologo e direttore del Museo e vede impegnati sul campo anche i volontari specializzati per i Beni Culturali del CATC (Gruppo Archeologico del Territorio Cerite). Le attività di ricerca si svolgono sotto la supervisione di Rossella Zaccagnini della Soprintendenza Archeologia per il Lazio e l’Etruria. Il CATC, grazie ai risultati delle prospezioni magnetometriche e georadar, ha realizzato anche una planimetria completa degli enormi antichi impianti per l’allevamento di pesci e molluschi situati nel mare subito dinanzi alla città. 
Le strutture, oggi semisommerse si estendono per quasi 200 metri di lunghezza e risultano essere tra le più vaste e antiche del Mediterraneo. A settembre è stato inaugurato un primo settore del “Parco Archeologico di Castrum Novum”comprendente l’area occupata dai resti di un impianto termale e di un ampio edificio forse funzionale alle antistanti peschiere, situato vicino al mare, all’altezza del km 64.400 della via Aurelia. Dopo essere state scavate le strutture tornate alla luce sono state consolidate e protette, fornite di un apparato didattico che con 11 pannelli che raccontano la storia del sito e dei resti visibili.