Un romanzo per raccontare un tragico episodio di cinquecento anni fa

In quegli anni parliamo del XVI secolo, l’Impero Ottomano o Sublime Porta, con Costantinopoli come capitale, controllava le coste del Mediterraneo, e per cinque secoli, fino alla prima guerra mondiale quando fu smembrato, era al centro dei rapporti tra Oriente e Occidente. Era uno dei più potenti stati del mondo in conflitto con il Sacro Romano Impero. Con il libro Famagosta La Croce e la Mezzaluna, l’autore, il veronese nemmeno quarantenne Marco Nicolò Perinelli, giornalista e appassionato velista è alla sua prima opera. Si tratta di un romanzo basato sulle cronache di cinquecento anni fa, descrive lo storico scontro del 1570 a Cipro tra settemila cristiani che hanno resistito all’assedio della città di Famagosta da parte dell’armata forte di oltre centocinquantamila soldati turchi al comando di Lala Pascià. Comandati dal veneziano Marcantonio Bragadin, hanno resistito contro ogni previsione agli assalti dei turchi, sperando negli aiuti che dovevano arrivare da Venezia dove il Doge si stava impegnando con il Papa e la Spagna per armare una flotta capace di contrastare l’assedio. Gli aiuti sperati non arrivarono così il giorno 25 Rabî Al-Awwal dell’anno 979 dell’egira di Maometto, Lala Pascià entro a Famagosta accolto in trionfo dal suo esercito schierato in parata mentre attraversava le rovine di quella che un tempo era stata una città bellissima. Ai suoi piedi Bragadin inginocchiato, nudo e incatenato, deriso e insultato dai soldati ottomani. In segno di spregio il Pascià ordinò a un giannizzero di tagliarli le orecchie con un kumiyah, il tradizionale coltello berbero. L’epilogo di quella giornata, con il calendario gregoriano il 17 agosto del 1571, si concluse tragicamente quando Bragadin fu condannato a una morte atroce. Legato a una colonna, “il boia, esperto questo genere di tortura, con una lama affilata iniziò a incidere la pelle, partendo dalle spalle e tirandola, a scuoiare vivo il veneziano. Il dolore era indicibile, ma Bragadin fece appello alle sue ultime forze per serrare la bocca e impedirsi di gridare. Poi la coscienza ebbe pietà di lui e venne meno. Uno spettacolo orrendo non solo per i cristiani, ma per gli stessi musulmani che vi assistevano. Il Pascià non ancora soddisfatto fece impagliare la sua pelle e la fece portare in processione per la città a cavallo di un bue, prima di spedirla a Costantinopoli, insieme alle teste degli altri comandanti veneziani, Astore Baglione, Alvise Martinengo e Andrea Rondacchi, quali macabri trofei della vittoria. Le parti del corpo di Marcantonio Bragadin, smembrato, vennero legate ai bastioni dei  quattro angoli della città e lì lasciati a marcire. Lala Mustafa aveva avito la sua vendetta.”