Roma e Cartagine: 264 – 241 a.C. ventitre anni di scontri mortali, nel mare delle Egadi la svolta decisiva

La battaglia delle Egadi dai libri di storia alle ricerche sui fondali
Tra la metà di luglio e la metà di agosto 2015 la Soprintendenza del Mare siciliana e la fondazione americana RPM Nautical Foundation condurrano la campagna annuale di ricerche archeologiche subacquee nell’area a qualche miglio a Nord-Ovest della punta settentrionale dell’isola di Levanzo (Capo Grosso), laddove ebbe luogo la battaglia delle Egadi del 241 a. C., mettendo in evidenza i sistemi elettroacustici adoperati per permettere l’identificazione dei reperti e dei dati archeologici testimoni di quell’importante evento storico. 
La ricerca guidata da anni dall’archeologo Sebastiano Tusa, in collaborazione con George Robb e Jeff Royal della RPM, ha raggiunto obiettivi scientifici di grande rilievo e il recupero di una notevole serie di reperti di grande valore storico, archeologico e documentario pertinenti la Battaglia delle Egadi che pose fine alla prima guerra punica il 10 marzo del 241 a. C. a favore dei Romani.
Il programma prevede il recupero del rostro Egadi 12 già identificato nella scorsa campagna e la ricognizione di altre aree. Il recupero del rostro Egadi 12 verrà preceduto da uno scavo nella medesima area mediante una piccola sorbona montata sul ROV ed azionata mediante bracci robotici. Con il sonar multibeam si continua l’esplorazione dei fondali per individuare target potenzialmente archeologici che verranno successivamente investigati mediante ROV. Lo scopo di questa campagna è quello di accrescere l’elenco dei reperti giacenti sul fondo dell’area della battaglia in modo da avere la possibilità di enucleare raggruppamenti selettivi di oggetti che possano dare adito ad ipotizzare il luogo di affondamento delle singole navi altrimenti non identificabili. O magari individuare, cosa poco probabile, i resti di una triremi.
Contemporaneamente l’equipe di Sebastiano Tusa e della squadra della Soprintendenza del Mare è al lavoro per far conoscere questa incredibile ricerca di archeologia subacquea i cui risultati superano ogni record e sono sui media in giro per il mondo, con una eccezionale novità per il Museo dell’ex Stabilimento Florio: una ricostruzione multimediale della battaglia delle Egadi che sarà inaugurata entro l’autunno.
Un percorso espositivo che vedrà il visitatore immerso nell’atmosfera della storica battaglia navale, mediante filmati ricostruttivi e descrittivi che ne rievocano le fasi salienti, i precedenti e le conseguenze. Saranno esposti i rostri, gli elmi, le anfore e tutti gli altri oggetti recuperati nel corso delle campagne di ricerca sulla battaglia.
Il visitatore sarà vicino all’ammiraglio romano Lutazio Catulo quando, è l’alba del 10 marzo 241 a.C., un forte libeccio agita le onde del mare che fronteggia la punta più occidentale della Sicilia incuneandosi tra le tre grandi isole Egadi. Un epocale cambiamento politico dell’isola aleggia nell’aria. Tra poco e per sempre (tranne l’intermezzo islamico altomedievale) la Sicilia diverrà terra “occidentale” dove campeggia già austera la fisionomia di Roma.
La battaglia delle Egadi è uno di quegli eventi che, da Polibio in poi, hanno alimentato il dibattito sulle guerre puniche, sulle loro cause e sulla svolta geopolitica che ne conseguì, ed hanno acceso l’immaginazione della gente soprattutto sulla spettacolarità delle vicende belliche. I Cartaginesi di Amilcare erano assediati sulle balze nord-orientali del monte Erice che sovrasta la città di Trapani (l’antica Drepanum). I Romani ne tenevano saldamente le pendici occidentali e la vetta lasciando in mano nemica soltanto un corridoio che dava accesso al mare nei pressi dell’odierna baia di Bonagia.
La situazione si aggrava con l’arrivo della flotta romana che occupa le acque antistanti Drepanum e le rade di Lilibeo. L’intera costa occidentale dell’isola resta quindi tagliata fuori da ogni collegamento con Cartagine; Lilibeo, fondamentale snodo marittimo e terrestre della Sicilia punica, rimane senza sbocchi a causa del blocco romano. I Cartaginesi tentano di tutto pur di soccorrere Amilcare chiuso sul monte. A tal proposito approntano una forza navale al comando dell’ammiraglio Annone che, partita da Cartagine, raggiunge Marettimo (Hiera) dove attese vento e mare favorevoli per l’ultimo balzo verso la Sicilia per soccorrere i propri connazionali. L’ammiraglio Lutazio Catulo intuisce la rotta delle navi puniche che, da Hierà, evitando naturalmente la costa pattugliata tra Drepana e Lilibeo, avrebbero puntato su Erice, ampliando il raggio di navigazione verso l’accesso nord-orientale dell’attuale Torre di Bonagia: occorreva tagliarne la rotta, volgendo a favore dei Romani quel forte libeccio che, pur propizio alle vele nemiche, non le avrebbe comunque alleggerite del pesante carico di vettovaglie in caso di un attacco a sorpresa.  Lutazio Catulo si nascose dietro l’alta mole di Capo Grosso di Levanzo e, quando vide sopraggiungere il nemico a vele spiegate diede ordine di tagliare le cime d’ormeggio e salpare in fretta in modo da colpire le navi nemiche al traverso. Ci volle poco a scatenare la confusione e lo sgomento tra i marinai cartaginesi. In preda al panico parte della flotta rientrò verso Cartagine, parte fu distrutta o catturata.
Laddove c’era il luogo di ancoraggio della flotta romana numerosi ceppi d’ancora vennero recuperati nei decenni scorsi. Laddove ci fu lo scontro sono stai recuperati i rostri icon le sistematiche ricerche corroborate dalla più sofisticata tecnologia elettroacustica ed elettronica utilizzata da una sapiente ed intelligente equipe di archeologi e tecnici italo-statunitensi. Un altro rostro è venuto fuori in seguito alle indagini congiunte tra Soprintendenza e Nucleo Tutela Patrimonio Culturale dei Carabinieri. Pur non conoscendone esattamente il contesto tutti gli indizi raccolti ci riportano al medesimo spazio di mare.
Ecco come una pagina di storia è stata svelata attraverso la sistematica collaborazione tra storici, archeologi con l’ausilio ormai indispensabile della tecnologia elettronica ed oceanografica.

“E che la lancia rechi molto male. Baal lanci con furore questo (rostro) contro il suo obiettivo
sì che lo scudo venga fiaccato indebolito al centro”

A sinistra l’iscrizione e la traduzione sull’unico rostro cartaginese recuperato.