Geoswim, un progetto lungo 23mila chilometri a nuoto

Il nome del progetto già da solo ne rivela il contenuto: geologia a nuoto. Ma nella locandina dove campeggia in rosso questa scritta, compare un sottotitolo più esplicito: “23.000 km a nuoto per monitorare le coste del Mediterraneo”.
Il progetto di ricerca Geoswim ha offerto, il 9 giugno scorso, un’appassionante giornata di sintesi agli studiosi e agli appassionati venuti a Favignana per prendere parte alla “Nuova settimana delle Egadi”, che si è svolta dal 5 al 10 giugno.

Gli artefici del progetto Geoswim, Stefano Furlani professore di geografia Fisica e Cartografia all’Università di Trieste e Fabrizio Antonioli Senior Scientist dell’Enea di Roma, hanno illustrato le caratteristiche generali di questa impresa che, già in tre anni, ha esplorato diverse centinaia di km di coste mediterranee; e poi si sono soffermati a illustrare i primi risultati della tappa effettuata l’anno scorso nell’arcipelago delle Egadi.
Risultati estremamente promettenti, utili non solo a disegnare una mappa ad alta risoluzione dei profili costieri di Favignana, Marettimo e Levanzo, ma anche a fornire importanti contributi agli studi preistorici. E, a questo proposito, alcuni ritrovamenti di resti di pasti in una grotta di Marettimo, in prima approssimazione di età neolitica (ma sui quali sono in corso datazioni più raffinate) lascerebbero intravedere grosse novità sull’inizio della navigazione nel Mediterraneo e sull’arrivo dell’uomo nelle isole Egadi.
Geoswim, hanno ricordato Furlani e Antonioli, è nato con l’intento di colmare le lacune sulla conoscenza delle cosiddette zone intertidali, cioè quelle fasce costiere che si trovano fra la bassa e l’alta marea, e che rivestono un’importanza fondamentale sia per l’assetto geomorfologico delle coste, nel presente e nel passato, sia per la vita che vi alberga.
Il progetto ha preso l’avvio nel 2012 dalle coste dell’Istria, lungo un percorso di oltre 250 km fra Sissano (Pola) e Trieste; poi ha proseguito nel 2013 in Croazia e a Malta; nel 2014 nelle Egadi, al Circeo e a Gaeta. Nel 2015 è sbarcato a Ustica, prima isola vulcanica passata al vaglio, dopo tante coste rocciose di natura sedimentaria. Il gruppo di ricerca ha una geometria variabile, ai due fondatori del progetto ogni volta si aggiungono geologi e biologi locali, spesso giovani laureandi o dottorandi.

La metodologia di ricerca è assolutamente originaria e si potrebbe definire una “slow search” in mare. Bracciata dopo bracciata, i protagonisti di Geoswim effettuano un rilevamento a nuoto, trainando un barchino strumentale che porta sensori per rilevare parametri fisici e chimici delle acque e telecamere per riprese in continuo;
Favignana, una grotta sul versante nord
seguiti da una barca appoggio in cui un membro del gruppo registra ogni particolare osservato. Solchi di battente, fori di litodomi, reef intertidali, grotte, insomma ogni tipo di emergenza geologica o biologica viene accuratamente catalogata e registrata.
Chi scrive, oltre ad avere l’onore di essere stato invitato a fare il Chairman negli ultimi due workshop di Geoswim, si è associato alla ricerca effettuata tra il 3 e il 5 giugno a Ustica, acquisendo così una cognizione diretta del metodo e dello stile di lavoro: entrambi innovativi ed efficaci. La giornata di rilevamento in mare è particolarmente impegnativa: inizia alle 9 del mattino e si protrae fino alle 17-18, con brevi soste, sempre in mare, sull’imbarcazione di appoggio, per riposarsi, bere e rifocillarsi.
Eleonora De Sabata esplora una grotta a Favignana
E poi, a conclusione della giornata in mare, prima di qualunque altra cosa, si procede a un breefing di un paio d’ore necessario per assemblare sul computer tutti i dati raccolti: appunti, osservazioni visuali, fotografie, filmati e parametri fisico-chimici, per non perdere nulla di quanto faticosamente raccolto.
Tornando al workshop di Favignana del 9 giugno scorso, nello stile di Geoswim, la giornata è stata caratterizzata sia da relazioni specifiche sul progetto, sia da interventi interdisciplinari. Alla presentazione generale del programma (Stefano Furlani, Il progetto Geoswim) sono seguiti: un focus sui dati raccolti alle Egadi (Fabrizio Antonioli, Valeria Lo Presti e Stefano Furlani, I risultati di Geoswim 3.0 Egadi).
Infine un intervento prettamente biologico (Renato Chemello, Monitoraggio e Biologia dei reef intertidali a Favignana);
una centrata su un periodo caldo di 125.000 anni fa (Piero Renda, I depositi tirreni ani delle Egadi); un’altra in campo paleontologico (Carolina di Patti e Mariarita Palombo, gli elefanti della Sicilia e delle Egadi); e per concludere una presentazione sulla Patella ferruginea, un mollusco a elevato rischio di estinzione (Eleonora De Sabata, Egadi ultima sponda per la Patella Gigante).





“Putting all together”, come dicono gli americani, un altro fiore all’occhiello per l’Area Marina Protetta delle Egadi (e per il suo direttore Stefano Donati) che rappresenta la più grande riserva del Mediterraneo, in prima fila nella difesa della biodiversità e dell’ambiente.
Franco Foresta Martin
Le fotografie sono di Eleonora De Sabata e di Fabrizio Antonioli