Un futuro Green per l’Italia. Bisogna esserne convinti

La notizia non ha avuto un grande risalto sulla stampa nazionale, tantomeno in TV. Eppure quello che si è tenuto una settimana fa a Roma all’auditorium del MAXXI è stato il battesimo in piena regola di un nuovo movimento politico. Il neo-nato si chiama Green Italia: nelle intenzioni dei suoi promotori è un movimento che vuole l’ecologia nel cuore della politica con un progetto fondato sull’idea di un “green new deal”, un nuovo corso per guarire l’Italia dalla sua “depressione”. 
Fabio Granata

Con i Verdi sostanzialmente ai margini della scena politica visti gli insignificanti risultati elettorali, il Movimento 5 Stelle che ancora non esprime le sue potenzialità sul versante ambientalista, il PD e SEL che di fatto non hanno tra le proprie priorità i temi dell’essere green, “l'Italia non può rimanere l’unico grande Paese europeo dove non c’è nessuna forza politica che metta l’ambiente al centro del suo programma e della sua identità”. Con la convinzione che esista uno spazio‚ da riempire di contenuti “green”, si sono dati appuntamento ecologisti, politici bipartisan di diversa provenienza, associazioni e imprenditori. Folto e di qualità il gruppo dei promotori, tra gli altri, Roberto Della Seta e Francesco Ferrante (già parlamentari del Pd), la presidente dei Verdi europei Monica Frassoni, esponenti politici provenienti dalla destra come Fabio Granata, il presidente dei Verdi italiani Angelo Bonelli, Anna Donati già parlamentare verde e dirigente del Wwf, Francesco Fiore tra gli animatori del progetto civico “Padova 20/20” e Giuseppe Gamba presidente di “Azzero CO2“. 
Angelo Bonelli
Il comitato promotore avrà prima di tutto il compito di raccogliere idee e contribuiti per elaborare statuto e programma da presentare all’assemblea costituente fissata entro la fine dell’anno. Dovrà nascere un soggetto politico, leggero e innovativo, ma deciso a pesare nelle prossime competizioni elettorali a partire dalle europee del luglio 2014 o alle politiche se la situazione dovesse precipitare prima.
“Una sorta di partito della bellezza, della green economy, ma anche un partito dell’identità nazionale – ha affermato nel suo intervento Fabio Granata – declinata secondo quei valori e in base a quel patrimonio materiale e immateriale che essendo non riproducibile è l’unica chances che l’Italia ha per il futuro.”
Occorre dare una risposta alla celebre invettiva lanciata nel 1776 nel suo Viaggio in Italia da Alphonse de Sade quando si trovò davanti alle rovine di Pompei: “Ma in quali mani si trovano, gran Dio! Perché mai il Cielo invia tali ricchezze a gente così poco in grado di apprezzarle?”
Eppure il marchio Italia è il primo tra i sogni dei visitatori stranieri, primo nella tabella del patrimonio culturale, ma nella graduatoria della competitività turistica siamo al 26° posto. Non basta avere il Colosseo o Segesta, il Satiro Danzante o i bronzi di Riace, se non si garantiscono trasporti, una rete Web alla pari con gli altri paesi, alberghi e ristoranti decorosi, sicurezza. Dal 2001 ad oggi, gli investimenti sulla cultura sono calati dal 39% al 19% del nostro Pil.
Sebastiano Tusa
A partire da questa denuncia è la relazione, dai forti contenuti polemici, presentata da Sebastiano Tusa, direttore della Soprintendenza per i Beni culturali e ambientali del Mare della Regione Siciliana che volentieri riportiamo per intero. Nei suoi contenuti si legge chiaramente cosa significa per un Soprintendente, che vive dentro l’Istituzione Pubblica, una corretta gestione del nostro patrimonio culturale. E non solo.

Tra i consueti ritornelli della politica vi è quello ormai lungamente ripetuto che ripone nei beni culturali, nella cultura, nel paesaggio e nell’ambiente le basi dello sviluppo futuro della fase postindustriale del nostro Paese. Ritornello ampiamente ripetuto da tutti, ma praticato da nessuno salvo qualche rare eccezioni. Lo dimostrano le cifre poste in bilancio per tali settori e la scarsa attenzione politica che ha comportato assenza di pianificazione, formazione e innovazione. Eppure il settore è veramente vitale per il futuro della nostra economia disastrata. Il settore in questione rappresenta, infatti, una fonte inesauribile di attrattività per il turismo interno ed internazionale e, quindi, di economia a tutti i livelli.
Siamo di fronte ad un patrimonio inestimabile che per essere tale deve essere adeguatamente custodito, curato e valorizzato non soltanto per le potenzialità enormi che ha per lo sviluppo economico della nostra regione, ma anche per il valore che esso rappresenta per la dignità e l'identità di un popolo.
Agrigento, Tempio della Concordia
Un patrimonio che non si difende promulgando continui condoni edilizi!
Tanto è stato fatto in questo settore soprattuto negli ultimi decenni del millennio scorso. Da qualche anno assistiamo ad una controtendenza che relega il settore della cultura agli ultimi posti dell'agenda della politica. Gli investimenti sono diminuiti ed addirittura azzerati in taluni settori. Non vi è alcuna politica di reclutamento professionale. L’unico afflusso di personale è stato quello prodotto in seguito  alle varie immissioni di personale non qualificato o diversamente qualificato proveniente da enti e imprese estinte o fallite che l’amministrazione pubblica ha accolto a vario titolo. 
L’omologazione dei ruoli in seguito all'introduzione della ben nota “riforma della pubblica amministrazione” ha annullato l'identità professionale del precedente ruolo tecnico dei beni culturali aumentando la burocratizzazione del settore a scapito dei contenuti tecnico-professionali.
A questa oggettiva deriva verso la eccessiva burocratizzazione del settore che snatura l’originale e prestigioso carattere culturale che le soprintendenze ed i musei avevano si aggiunge una volontà precisa della politica e dei vertici amministrativo-burocratici a relegare i suddetti istituti a meri uffici amministrativi dal forte carattere di addomesticato “permessificio”. 
I centri decisionali nel settore dei BB CC non sono più gestiti dai tecnici, bensì da quadri indicati per logiche di appartenenza e non per merito. Le decisioni tecniche inerenti la tutela e la conservazione dei beni culturali che, per legge, sono di competenza dei curatori dei musei e delle soprintendenze, sono oggi espropriate e detenute illegittimamente dai vertici politici e burocratici. Gli spazi d’azione dei tecnici sono stati quasi del tutto annullati. 
Museo Agrigento: efebo
In quest’ottica di snaturamento del patrimonio culturale si è inserita la politica del commissariamento che ha prodotto effetti disastrosi per il nostro patrimonio e per le nostre tasche (Pompei docet). 
La conseguenza è la  desolante situazione in cui versano musei e zone archeologiche pressoché prive del tutto di alcunché si avvicini ai moderni sistemi di comunicazione culturale presenti ormai diffusamente nel mondo. Il nostro sistema museale è vecchio, obsoleto e risulta spesso noioso e non attraente. 
Il sistema si regge su quanti (tanti) nel settore operano con passione,  professionalità e grande spirito di servizio, a tutti i livelli, ovviando alle carenze dell’Amministrazione:
Bisogna operare nel segno della valorizzazione delle risorse umane esistenti che sono tante e professionalmente valide ma attualmente sottovalutate e spesso mortificate da irrituali ed illegittime marginalizzazione verticistiche che nulla hanno di professionale ma sono dettate da interessi clientelari e meramente politico-elettoralistici. Bisogna dare lavoro ai tanti laureati del settore che oggi trovano sempre più spesso occupazione all'estero.
Siracusa, duomo di Ortigia
La corretta gestione del patrimonio culturale si collega strettamente ad una altrettanto valida, corretta ed equilibrata gestione del territorio. Le attuali misure di incentivazione in agricoltura favoriscono solo parzialmente lo sviluppo di un’agricoltura ecocompatibile da un lato e una valida gestione sia morfologica che estetica del paesaggio agricolo. Ho visto piangere i contadini panteschi di fronte alle vendemmie bianche. È necessario che all’Italia dai mille campanili dove ogni angolo trasuda cultura e storia si associ un territorio dove le colture tradizionali siano modernizzate non nel senso dello smantellamento degli originali sistemi di organizzazione topografica e dei cultivar identitari, ma agevolando i sistemi di trasformazione del prodotto biocompatibili, di commercializzazione e collegamento con il variegato mondo del consumo, il tutto basato su bassi ed alternativi consumi energetici.
Bisogna uscire dalla logica purtroppo ancora in vita che le grandi opere che sconvolgono il territorio siano opportune per modernizzare il paese e rilanciare l’economia. Quelle risorse ingenti per le grandi opere darebbero più risultati anche in occupazione se investiti nella corretta gestione del territorio basata sulla incentivazione delle colture tradizionali che da sole un tempo bastavano per evitare frane, alluvioni e disastri ambientali. Darebbero più risultati se rivolte al mantenimento dell'ingente patrimonio culturale monumentale, artistico ed archeologico che non solo produce nuova occupazione, reddito nel campo del turismo culturale, ma anche sviluppo delle piccole e medie imprese nel settore del restauro e conservazione, grande patrimonio di tecnologie e conoscenze che l’Italia ha tutti i numeri per esportare nel mondo intero.   
Per concludere perché aderire all’appello di GreenItalia.  Affinchè al di là delle tradizionali ed ormai superate logiche di appartenenza politica si possa creare in Italia una nuova forza politica che metta in primo piano i veri temi dello sviluppo del nostro paese. 
Che dia ascolto e risonanza a tutte quelle ecocellule costituite da tanti cittadini desiderosi di cibo sano, di aria respirabile e di un ambiente incontaminato dai veleni.
Sebastiano Tusa

Quindi l’ambiente, il paesaggio, il patrimonio culturale e l’agricoltura non come valori estetizzanti di un mondo che fu, ma come reale base per un’economia realmente verde/bruno dove il verde sia anche economia basata sullo sviluppo della cosiddetta green economy ed il colore bruno sta per storia, cultura e lavoro millenario dell'uomo che ha saputo gestire con sapienza ed equilibrio il nostro paese che tutti vogliamo ritorni ad essere il bel paese. 
Questo è, per me, il futuro di Green Italia.
Sebastiano Tusa

Le fotografie “siciliane” sono per gentile concessione di Roberto Soldatini.