Buone notizie dal Salento per la Caretta caretta

Il Golfo di Taranto, nonostante i drammatici problemi dell’Ilva, ci offre buone notizie sul fronte della salvaguardia di specie marine protette e tra queste la tartaruga comune Caretta caretta sempre più rara e minacciata. Infatti un gran numero di tartarughe viene catturato accidentalmente soprattutto dalle reti a strascico e dagli ami dei palangari. Alcune fonti stimano che siano più di 40.000 quelle che ogni anno muoiano nel solo Mediterraneo.
Ma per un bellissimo esemplare di tartaruga adulta femmina, di 90 cm di lunghezza è andata diversamente. Lo scorso maggio un pescatore di Porto Cesareo durante la sua battuta di pesca l’ha recuperata in difficoltà e l’ha portata a terra. In breve tempo sono prontamente intervenuti i Rangers d’Italia dell’Area Marina Protetta sezione di Cavallino per trasferirla a Calimera presso il Museo, dove nel centro “SOS Fauna Selvatica” è stata presa in custodia e sottoposta a controlli e cure. Negli ultimi tempi sono sempre più frequenti gli episodi di recupero di tartarughe da parte di pescatori che un tempo invece di salvarle ne avrebbero fatto polpette. Di questa inversione di tendenza bisogna dare atto all’opera di sensibilizzazione e controllo svolta dalle Aree Marine Protette come quella di Porto Cesareo, istituita nel 1997 ed attiva dal 2005.
“Gli ecologi parlano di effetto Walt Disney”, ci racconta Sergio Fai, laureato in Scienze e Tecnologie per l’Ambiente dell’Area Marina Protetta, per intendere che con il grande successo ottenuto dal film d’animazione premio Oscar Alla ricerca di Nemo uscito nel 2003, gli animali che diventano personaggi protagonisti dei film della Walt Disney diventano immediatamente delle specie da proteggere così che l’uomo tende a diventare sempre più responsabile e sensibile nei confronti dell’ambiente. “Salva più animali la Walt Disney di tutti i progetti scientifici, speriamo che presto faccia un film con le aragostine, per esempio, così non le buttano più vive nell'acqua”, conclude simpaticamente Fai.

Lo scorso anno invece, in una bella serata di luglio sulla spiaggia di Torre Lapillo, un ignaro turista meravigliato ed incredulo è stato testimone di un evento eccezionale e di straordinaria importanza: una Caretta aveva scelto quella spiaggia per mantenere fede al più antico dei rituali della vita… la riproduzione, scavando il nido dove ha deposto le sue uova, circa un centinaio.
Fortunatamente l’evento si è verificato all’interno dell’Area Marina Protetta di Porto Cesareo che ha incaricato i tecnici del Centro recupero tartarughe marine dell’Osservatorio faunistico della Provincia di Lecce – Rete TartaSalento e del Centro recupero tartarughe marine di Rauccio del monitoraggio scientifico del nido, mentre la vigilanza del nido è stata realizzata dalla stessa Area marina in collaborazione con l’Osservatorio faunistico, il Parco di Rauccio, Legambiente e il CO.G.E.A.V., così che il nido è stato sorvegliato costantemente, tanto da diventare da subito un “affare” (di cuore) di tutti. Cittadini e i turisti, attenti come veri e propri “zii”, nel corso dell’estate si sono regolarmente informati sull’andamento della covata. 

Il nido di Torre Lapillo è il quarto caso documentato sulle coste salentine e il secondo sulla costa ionica e ha confermato ciò che gli esperti sospettavano da tempo: la Caretta caretta, anche se con una frequenza inferiore a quella dei siti del Mediterraneo sud orientale, nidifica con regolarità sulle spiagge del Salento. Purtroppo la forte antropizzazione degli habitat idonei e la riduzione delle spiagge hanno portato ad una minore frequenza di nidificazione. Anche per questo motivo individuare un nido di tartaruga marina, in assenza di un piano efficace  di monitoraggio delle costa, risulta difficile e richiede la costante collaborazione dei cittadini, nonché la tutela dei nidi identificati.
Dal giorno successivo alla deposizione delle uova sono state monitorare le temperature di incubazione per accertare che le condizioni ambientali fossero idonee a garantire lo sviluppo degli embrioni. A differenza dei mammiferi, infatti, la crescita dei feti nei rettili è condizionata dai fattori ambientali. Quella che la tartaruga crea, scavando prima e ricoprendo di sabbia poi, è una vera e propria incubatrice, il corrispettivo del “ventre materno”.

Inizia la grande avventura!
La prima tartaruga è emersa dalla sabbia nella notte tra il 19 e il 20 settembre di seguito le altre.
Una volta nati, i giovani hatchling (neonati di tartaruga n.d.r.) sono stati posti sotto osservazione per qualche istante allo scopo di appurarne lo stato di salute, sono stati registrati i dati biometrici e altre informazioni inerenti la schiusa, dati fondamentali per lo studio della specie e della sua salvaguardia. 

Terminata la breve fase di studio i piccoli ha affrontato il delicatissimo momento per compiere il breve tratto che li separa dal mare. È il momento della massima importanza perché è in tale frangente che le giovanissime tartarughe registrano tutte quelle informazioni che da adulte, dopo 20-25 anni permetteranno loro di tornare sulla stessa spiaggia a deporre le uova. Questo “ritorno alle origini” è un comportamento tipico delle specie migratorie come la Caretta caretta e fa sì che gli animali depongano le uova sulla spiaggia in cui sono nati.
Registrazione dei dati biometrici
 Per completare le buone notizie, a metà luglio, un’altra Caretta ha deposto, anche lei, più di cento uova sulla spiaggia di S. Andrea, poco distante dalla precedente.
Perciò occhi aperti, passeggiando sulle spiagge, potreste incontrare un tartaruga marina intenta a deporre le uova! In tal caso chiamate subito la Capitaneria di Porto al 1530, numero verde attivo 24 ore su 24.

L’emozione del rilascio in mare dopo le cure
Infine tre mesi fa l’Area Marina Protetta Porto Cesareo ha avviato un progetto di pattugliamento a piedi su tutte le spiagge salentine (province di Brindisi, Taranto e Lecce) al fine di individuare eventuali segni di deposizione da parte di tartarughe marine con lo sviluppo ed il rafforzamento del Sistema dei Centri dedicati alla protezione e conservazione della tartaruga in Italia e Grecia. (Protection Actions for Cross-border and Joint Management of Marine Sites of Community Interest)
Il progetto prevede la creazione di una rete transfrontaliera di Centri per la protezione e recupero della Caretta caretta; l’analisi dello stato della popolazione attraverso la consultazione delle banche dati disponibili, verifica dei siti di nidificazione della Provincia di Brindisi e Lecce, delle aree in Grecia di Amvrakikos e Messolonghi; la cura e riabilitazione degli esemplari recuperati, con impianto di sistemi di rilevamento dell’home range sugli esemplari di Caretta caretta e il rilascio in mare; la realizzazione del sistema di archiviazione dati degli esemplari recuperati, attraverso applicativo web utilizzato dal network dei centri di recupero; l’attività di sensibilizzazione e coinvolgimento degli attori locali, quali pescatori, diportisti, etc. per attivare una rete di segnalazione degli individui da recuperare. 


Melinda ferita da un’elica
Infine la realizzazione di un’attività di animazione per attivare un programma “adotta la tartaruga”, che attraverso sponsor privati, successivamente alla conclusione del progetto, permetterà la prosecuzione delle attività di telerilevamento.
Chiara Caputo cura Melinda
Al centro del progetto è il Museo di storia naturale del Salento con l’Osservatorio faunistico della Provincia di Lecce con il suo Centro recupero tartarughe marine, terrestri e lacustri che ha sede a Calimera a pochi chilometri da Lecce. La giovane, 34 anni, veterinaria Chiara Caputo che è la responsabile del Centro osserva: “Non so per quale particolare motivo le tartarughe e i rettili, ma anche gli animali esotici in generale, vengono visti non come animali ma come soprammobili, forse perché sono silenziosi, pensano che abbiano meno esigenze rispetto a un cane. Di questo argomenti però bisogna parlarne di più perché, ti garantisco, noi recuperiamo animali appartenenti alle più diverse specie esotiche, dall’iguana ai pitoni, i camaleonti nei posti più impensati. Un pitone fondamentalmente arriva per un acquisto nei negozi, dopodiché la gente non sa che il pitone può raggiungere i sei metri che l’iguana con la coda supera i due si rendono conto i che non li possono più tenere in casa e lli abbandonano. Il pesce rosso è divertente fino a che lo guarda nella sua boccia, ma se devono pensare a portarlo dal veterinario, affrontare delle spese fare terapie, se ne disfanno. Poi perché non hai spazio una adeguato, puzzano, non hai la costanza di cambiare l’acqua o di filtrarla. Quindi abbiamo trovato iguane a piazza Sant’Oronzo, la piazza principale di Lecce, sugli ulivi, pitoni reali in città, senza la minima empatia nel loro confronti, prendi e butti in inverno un serpente che hai tenuto per due anni e che muore per il freddo. 
Porcherie di ogno tipo ingerite dalle tartarugh
L’ultimo episodio: abbiamo trovato un coniglietto nano nella spazzatura, aveva problemi di rogna, malattia tipica per loro, perché non era più carino! Bisogna fare opera di sensibilizzazione sul fenomeno del randagismo delle specie esotiche. Noi abbiamo l’anello di congiunzione tra il museo di storia naturale e l’osservatorio faunistico e il rettilario dove si trova fauna selvaggia trovata in difficoltà curata e reinserita in natura. Il problema creato dalle tartarughe americane e di quelle salentine è lo spunto ideale sia per parlare dell’inquinamento biologico e della perdità di biodiversità e dell’abbandono delle specie esotiche. E noi, con un organico di 8 tecnici, siamo all’avanguardia”, conclude fiera di sé. Chiara!


Le fotografie sono dell’AMP di Porto Cesareo