Gli Sciamani del Mare visti da Giovanna Guccione

Ogni piccola isola in Italia ha dei personaggi che si distinguono dagli altri per l’attaccamento al loro “scoglio” e per essere punto di riferimento anche culturale.  Maria e Giovanna Guccione ne sono l’esempio per essere un pilastro per l’isola di Favignana e delle isole Egadi. Ho avuto il piacere di conoscere le “due sorelle”, negli anni “80”, quando gestivano con maestria la pensione Egadi e l’annesso ristorante meta ambita per chiunque mettesse piede sull’isola. Ero arrivata sull’isola chiamata da Nino Allegra, allora direttore dell’Azienda Provinciale per il turismo, per organizzare la Settimana delle Egadi e l’Ufficio stampa. Durante circa venti anni ho vissuto per due tre mesi sull’isola ed ho imparato ad apprezzare Maria e Giovanna. Insieme a loro con l’aggiunta di Gin Racheli, che aveva scritto da poco il volume Egadi Mare e Vita e Giulia Torrente del Miramare Residence (altro fondamentale personaggio dell’isola) abbiamo cercato di contrastare gli interessi di coloro che volevano un nuovo carcere a Favignana e le piattaforme petrolifere vicino a Marettimo. Abbiamo coinvolto abitanti, politici, archeologi, giornalisti; organizzato convegni anche a Roma oltre che a Trapani e Favignana, raccolto firme, ma alla fine il nuovo carcere non s’è fatto e le piattaforme sono state smantellate. Forse hanno avuto tutti paura di quelle cinque donne scatenate che volevano a tutti i costi il bene dell’isola e dei suoi abitanti. È nato quindi fra noi un legame culturale, politico e di profonda amicizia che continua nel tempo, anche se ora visito poco Favignana. Maria mi tiene sempre informata di tutto quello che succede sullo “scoglio”. Con Giovanna, più schiva e timida, ho sempre avuto un rapporto legato anche al suo modo di vivere l’arte.
Quando recentemente sono tornata a Favignana, invitata da Sebastiano Tusa e da Renato Alongi per la visita guidata all’ex stabilimento Florio finalmente restaurato, Giovanna mi ha raccontato, con la sua solita timidezza, dei quadri che stava facendo sui Rais e di come aveva faticato per recuperare le foto e gli occhi le brillavano nel raccontare le difficoltà incontrate. Così ha voluto rappresentare i Rais della Regina delle Tonnare, dettata dal desiderio di dare il suo contributo alla salvaguardia della memoria di un pezzo della storia di Favignana e della civiltà di isolani in cui i Rais, gli Sciamani del Mare, sono stati protagonisti al punto da occupare, nella memoria collettiva, uno spazio quasi mitico. Un lavoro certosino quello di Giovanna, durato più di un anno, alla ricerca delle fonti di cui si sta perdendo memoria storica. Ha rovistato nei cassetti dimenticati dei famigliari dei Rais alla ricerca delle fotografie da cui partire per arrivare a farne un ritratto su tela.
Ma alla fine, partendo addirittura da microscopiche fototessera, è riuscita a completare una rassegna significativa con dodici ritratti che coprono un arco di tempo che parte dal 1848 con il Rais Michele Casubolo, cosi come testimoniato nella scritta incisa nel tufo posta all’ingresso dello stabilimento Florio, per finire nel 2007, il Rais era Gioacchino Cataldo, quando la Regina delle Tonnare fu calata per l’ultima volta. 
La fotografia delle Sorelle Guccione è stata scattata da Renato Alongi all’inaugurazione della mostra a Palazzo Florio. In basso la presentazione nello Stabilimento.
I dodici ritratti sono stati organizzati in una mostra titolata Rais Sciamani del Mare presentata in una affollatissima conferenza che si è tenuta nella splendida cornice del restaurato Stabilimento Florio.  La mostra si potrà ammirare per tutto il mese di agosto invece nella sede del Consiglio Comunale di Favignana, il Palazzo Florio, Maria Guccione è stata l’eccezionale presentatrice del lavoro di sua sorella Giovanna con questa relazione che riportiamo per intero..

Bravissime!
Giulia D’Angelo


ò Rais


Prima di parlare dei Rais, da mia sorella rappresentati nei quadri qui esposti, mi sembra opportuno delineare la cornice, il contesto in cui essi si collocano. Il rapporto dell’uomo col mare è antico quanto il mondo. Il viaggio attraverso il mare inizia nell’ottavo secolo Avanti Cristo, allorché Omero narra i viaggi di Ulisse, viaggi non fine a sé stessi, ma percorsi di conoscenza, di avventure spesso d’amore, di esperienze di magia, di nostalgia per la patria lontana. Temi che ritornano, l’amore e la magia in particolare, nelle Argonautiche, opera di Apollonio Rodio, che narrano i viaggi di Giasone che, grazie alle arti magiche di Medea, riesce a conquistare il vello d’oro.

Ma l’approccio dell’uomo al Mare per motivi per così dire  economici e di sussistenza – un mare visto come fonte di risorse alimentari – è ancora più antico: nella grotta dell’Uzzo (riserva dello Zingaro) i reperti di molluschi risalenti a 4500  anni fa testimoniano che parte dell’alimentazione di quegli uomini proveniva dal mare; mentre il tonno dipinto nel neolitico nella Grotta del Genovese di Levanzo dimostra, se non altro, la loro ingenua speranza di catturarlo con pitture rituali.

Michele Casubolo
Il tonno ci conduce al nostro tema. Nella vasta produzione letteraria avente per tema tonni e tonnare si trovano moltissime informazioni mentre mosaici, anfore, monete con l’effigie del tonno sottolineano che su di esso si fondò una vasta economia. Del tonno sappiamo quasi tutto: che peso può raggiungere, quando e come si riproduce, il valore nutritivo della sua carne, gli ottimi piatti che ha ispirato fin dai tempi di Archestrato di Gela, i percorsi misteriosi delle sue migrazioni, l’importanza che ha avuto nel mondo antico. Così pure sappiamo tutto sulle tonnare fisse: sul calo delle reti, sulle modalità e sui tempi di pesca, sui tipi di barche, sulla gerarchia degli uomini che vi lavorano… Da Erodoto ad Oppiano di Cilicia, da Aristotele a Plinio il Vecchio fino ai moderni Sarà, Consolo, Lentini… lo spettacolo straordinario dei branchi di tonni e della  loro cattura ha dettato pagine splendide: una per tutte quella di Oppiano quando scrive: “…nel vasto oceano si genera la famiglia dei tonni; avanzano quindi alle opere del nostro mare quando in primavera li tormenta amoroso furore di nozze. Prima li catturano gli iberici, poi coloro che abitano presso le foci del Rodano, e infine quanti abitano sull’isola Trinacria.”
Antonino Casubolo

Nella vasta produzione documentale degli autori citati prima, ricorre spesso il nome Rais, ma poco si parla di questo personaggio, vero e proprio deus ex machina di quanto avviene in tonnara, unico depositario di saperi antichi, se non per riportarne le poche frasi che pronuncia, le preghiere o i gesti che compie. Nulla sappiamo di lui come uomo: dei suoi pensieri, del suo intimo sentire, delle sue paure e delle sue certezze, di come si svolgeva la sua vita nei lunghi mesi in cui non esercitava il mestiere di Rais.
Scrive Elsa Guggino, anropologa, autrice con Gaetano Pagano di “Mattanza”: “Il Rais è il capo  della ciurma: la sua autorità è difficilmente discutibile ed è il diretto interlocutore dei proprietari della tonnara e dell’Amministratore che gli assegnano la carica su indicazione del Rais precedente e col tacito consenso della ciurma. Tra i tonnaroti da lui ritenuti più esperti il Rais sceglie come suoi collaboratori due capovardia uno dei quali sarà sottorais e quindi suo successore.” L’autrice continua descrivendo tutte le parti della tonnara, le sue camere, i vari tipi di imbarcazione, le operazioni compiute dal rais prima durante e dopo la mattanza, ma del Rais in sé come persona poco dice preferendo far parlare per lui le frasi, sempre uguali per secoli, sempre ripetute negli stessi momenti anche dai suoi predecessori. “modda leva” riferito all’apertura o alla chiusura della porta delle camere; “aisa” per incitare a tirar su le reti… e nel momento concitato della pesca addirittura parlano per lui il fischietto e i gesti, fino alla conclusione e al  “sempri sia ludatu lu nomu di Gesù.”

La tonnara è immutabile: le stesse imbarcazioni, la stessa palma votiva, gli stessi canti, gli stessi gesti, le stesse invocazioni, le stesse superstizioni per secoli (come l’usanza di portare in tonnara una donna di facili costumi che mostrava al mare le sue parti intime, come a volerlo sedurre perché garantisse una annata ricca e fertile), e il Rais sa che è suo compito perpetuare ciò che gli è stato trasmesso in quanto con le sue azioni e le sue preghiere egli si colloca come mediatore tra uomo, natura e provvidenza, divenendo, senza averne piena coscienza, una specie di sciamano e, come tutti gli sciamani, uomo di poche parole e dalle decisioni sagge e irrevocabili.
Forse è per questo che tutti gli studiosi che hanno cercato un approccio coi Rais hanno incontrato difficoltà a farli parlare, a farsi raccontare il loro mestiere, ed hanno ricevuto sempre informazioni stringate fornite con estrema riservatezza e modestia: una specie di ritrosia a parlare del proprio mestiere.

Ernandes Flaminio
Lo stesso Professor Sarà, autore del bellissimo “Tonni e tonnare” illustrato dai disegni di Gianbecchina, non dice molto sui Rais, ma afferma che osservandoli, più che parlando, ha imparato a vedere i tonni attraverso i loro occhi, il loro amore, la loro acuta sensibilità che trascendeva il fatto puramente economico e di prestigio e  aggiunge “osservandoli li ho amati e perciò, con il tempo, negli intrattenuti discorsi, nelle sussurrate confidenze, nelle valutate iniziative, negli scoramenti o nelle esaltazioni del momento, ho sentito che quegli uomini erano, nel profondo, gli stessi delle spettacolose, impressionanti mattanze dei tempi di Ulisse, nella Trapani ora fenicia ora cartaginese, ora romana o araba, e poi normanna e spagnola.” Una pittura epica. Volendo poi darci un’idea più precisa sul modo  di agire di un Rais, il professor Sarà ci racconta di una giornata da lui passata nel 1953 in barca con Rais Firmile (Flaminio Ernandes). 
Figliomeni Laureato
“Salì il professore, nell’alba chiara di un giorno del mese di maggio, sulla barca che portava il rais e alcuni suoi uomini alla tonnara per gli abituali controlli. In tante ore di permanenza a mare poche volte sentì la voce del rais: lo vide togliersi il cappello dinanzi al sole che spuntava; lo sentì lamentarsi a voce alta per il vento di libeccio non adatto a fare mattanza  (chi camurria stu ventu tisu e st’acqui trubbuli); lo vide fulminare con lo  sguardo un giovane tonnaroto che si mostrava poco devoto ed infine, ultimati i controlli, lo vide issare il cappotto con le maniche legate dietro in modo che i proprietari che lo osservavano da terra col binocolo capissero che non si sarebbe potuta fare mattanza per il vento (abbiamo le mani legate). Nessuna altra frase o discorsi di convenienza, niente battute o scherzi, né risate che avrebbero compromesso la serietà e la sacralità del momento e del suo ruolo.”
Tonni e tonnare appartengono a tutto il mondo della civiltà del Mediterraneo, ma i Rais che mia sorella ha avuto l’idea di ritrarre, appartengono a tutti noi isolani perché hanno occupato non solo un posto di valore economico e un ruolo chiave in tonnara, ma perché hanno esercitato un ruolo spesso carismatico all’interno della comunità spesso intervenendo nella composizione di controversie.

Gaspare Grimaudo
È noto che nei tribunali siciliani esistevano anticamente due tipi di giudici: gli esperti di legge o  jurisperiti e i giudici ideoti  (o idiotae) che spesso non sapevano nemmeno firmare ma erano noti per il loro buon senso e la loro obiettività. Non di rado il Rais fungeva da giudice idiotae in controversie per le quali non ci  si sarebbe mai rivolti ad autorità più alte. Possiamo quindi affermare che per il loro vasto peso sociale i Rais non sono stati semplici uomini che hanno esercitato un qualsiasi mestiere legato al mare, ma personaggi che hanno lasciato una traccia indelebile e che, a distanza di decenni, vengono ricordati con affetto e rispetto .
Non abbiamo l’elenco completo dei Rais dell’ultimo secolo e mezzo e poche sono le date assolutamente certe.
Troverete il ritratto di MICHELE CASUBOLO il cui nome è riportato nelle due lapidi visibili presso lo Stabilimento Florio, una del 1848 e l’altra del 1853, in cui si cita il numero dei tonni pescati sotto la gabella Florio.
ANTONIO CASUBOLO, nipote di  Michele, è citato nella lapide datata 1859, ultimo anno della gabella Florio, particolarmente fortunato con i suoi 10159 tonni pescati.
Una seconda lapide andata perduta cita di nuovo il nome di Antonio Casubolo nel 1865, sesto anno dell’appalto della tonnara di Favignana a Giulio Drago, allorchè si pescarono 14020 tonni. I Casubolo Rais , come mi conferma l’amico Guarrasi che ha fatto varie ricerche e a cui debbo molte informazioni, dovettero essere almeno quattro, ma non è facile estrinsecare i legami di parentela e i loro rapporti con l’isola: di più potrà dirci forse il Dott. Umberto Rizza.
Maggiori certezze abbiamo a partire dalla fine del 1800 con:
GASPARE GRIMAUDO rais dal 1898 al 1908 che si occupava anche di agricoltura essendo proprietario terriero.
GIOACCHINO ERNANDES Rais dal 1909 al 1930.
FLAMINIO ERNANDES (figlio) Rais dal 1930 al 1959 (che è il rais di cui ci parla il Prof Sarà).
Segue un intervallo nell’elenco dei rais per discendenza allorché viene scelto come Rais SALVATORE MERCURIO che resta in carica dal 1960 al 1967.
Questi, padre di 10 figli, morto nel 1978, qualche mese prima di morire, ormai quasi cieco e sofferente, rilasciò una memorabile intervista alla scrittrice Gin Racheli che gli dedicò alcune pagine piene di poesia nel suo Egadi , Mare e vita. La Racheli lo definisce “un gran signore, un capo che in ogni atto e parola rivelava la lunga educazione alla guida della propria gente e alle scelte di un bene comune, con una autorità che era in ogni gesto e persino nello sguardo cieco ma non spento.” Un uomo che era stato garzone in tonnara da bambino, poi foratico cioè manovale, poi tonnaroto,a soli 22 anni inviato a Bengasi come Rais, poi ancora tonnaroto a Favignana, poi sottorais ed infine Rais ed in questa lunga gerarchia di lavori e di apprendimento, aveva capito che la tonnara si regge su di un vincolo di disciplina e di obbedienza e sull’intuito sciamanico con cui vengono interpretati dal rais i segni della Natura.
GIACOMO RALLO detto IACO è Rais dal 1968 al 1980 Oltre al ruolo di Rais era fiduciario dei proprietari per cui era tutto l’anno a loro disposizione. C’è da dire che prima dei Parodi (fino al 1937-38) l’attività di Tonnara si esauriva in tre  mesi oltre il periodo di preparazione delle reti  quindi quasi tutti i tonnaroti e i Rais avevano un secondo lavoro invernale Ad esempio il rais di Formica Michele Grimaudo gestiva un bar. Quando i Parodi introdussero la lavorazione del pesce azzurro e poi del tonno congelato si arrivò a lavorare per un periodo molto più lungo. Il rais Rallo, formatosi alla severa scuola del Rais  Mercurio, ha vissuto in tempi di grandi cambiamenti, anni in cui iniziavano le lotte sindacali degli operai dello Stabilimento, anni in cui si assisteva ad una severa diminuzione del pescato (si diceva per colpa degli aliscafi) insomma ad una miriade di problemi che intervenivano ad alterare il millenario ordine delle tonnare
Salvatore Spadaro
Dal 1981 all’85 il ramo ERNANDES ha avuto il suo ultimo Rais con Gioacchino discendente del primo Gioacchino. E’ il più fotografato dei Rais avendo esercitato il suo mestiere in un periodo  in cui la presenza dei media a Favignana era massiccia, grazie alla settimana delle Egadi. Gli fanno compagnia molti tonnaroti  (Rocco, Clemente,  Benito…) e negli anni successivi gli ultimi due Rais.
Dall’86 al 96, sotto la gestione Castiglione, diviene Rais SALVATORE SPATARO che si era guadagnata la fiducia dei nuovi affittuari. Di lui troviamo una foto molto intensa nel bellissimo libro fotografico di Giò Martorana. Spataro ha ottenuto notevoli successi pur vivendo in un periodo in cui la passa dei tonni era sempre più scarsa.Nel 1996 Spataro è passato a Bonagia dove, in un rapporto di grande fiducia coi proprietari, ha realizzato delle mattanze che sono rimaste storiche. Nel 2004 anche Bonagia è stata dismessa.
Dal  1997 al 2007 la tonnara viene gestita, con alterne vicende, da una Cooperativa che  sceglie come proprio Rais GIOACCHINO CATALDO. Quest’ultimo ha vissuto con dolore il progressivo irrefrenabile decadimento della tonnara fino alla decisione ultima di non calarla più perché non remunerativa. Anche Gioacchino ha riempito pagine di libri e giornali con la sua immagine.
Gioacchino Cataldo
I Rais dei quadri sono quasi tutti Rais della tonnara di Favignana ma ne sono stati aggiunti due,  particolarmente noti, che hanno svolto il loro ruolo nella tonnara di Formica: sono LAUREATO FIGLIOMENI  , rais dal 1954 al 1967 e a seguire MICHELE  GRIMAUDO rais fino al 1975. Formica era una realtà particolare dove tonnaroti e rais vivevano a stretto contatto di gomito, in un fazzoletto di terra, da aprile a fine giugno Per tutto il resto dell’anno Formica era abitata solo da una famiglia di tonnaroti,talvolta la famiglia del Rais e il lanterniere del faro,che svolgevano compiti di guardiania. Non avevano luce elettrica, ma solo lumi a petrolio e lavoravano dall’alba al tramonto pur realizzando una quantità di pescato inferiore a quello di Favignana. Solo una volta, mentre era Rais un altro Grimaudo detto “Nicolò u longu”zio di Michele, si ebbe una mattanza di 300 grossi tonni con grande stupore dei proprietari. Formica fu dismessa nel 1978 per la sua antieconomicità. Del periodo in cui fu Rais Figliomeni la signora Cannistraro mi ha riferito di una grande festa, svoltasi a Formica nel 1957 per festeggiare un’annata di pesca particolarmente ricca. In quell’occasione le famiglie dei tonnaroti di Formica , vari invitati e il complesso musicale di Favignana si recarono a Formica dove ballarono e brindarono per tutta la notte  col tacito consenso del Rais.Ultimo rais di Formica fu il signor Mauro Livolsi di Levanzo detto Maurino.
Favignana ha espresso anche Rais che hanno lavorato fuori dall’isola in tonnare di proprietà dei Parodi come Gaspare Venza che ha lavorato a Siculiana, tonnara di ritorno, dal 1956 al 1959. Solo in un’occasione lavorò a Favignana quando si calò tonnara a ponente dell’isola in località “Pozzo” Si pescarono solo 17 tonni e l’esperimento non venne ripetuto per le difficoltà incontrate  ad ancorare l’attrezzatura di pesca a causa delle forti correnti di quella zona di mare.
Questo breve excursus, insieme ai ritratti della mostra, vuole essere un omaggio a degli uomini che nella storia delle Egadi hanno avuto un ruolo importante per la loro capacità di dominare, in modo arcaico, uomini e natura. Ma se volessimo fare un discorso di più ampio respiro dovremmo citare tanti altri Rais che hanno avuto il loro momento di celebrità lavorando in tonnare della provincia di Trapani come  la famiglia Renda che ha avuto Rais nella tonnara di Bonagia per oltre un secolo, o il  mitico Luigi Grammatico, Rais Trapanese in Libia, detto Giotto per la precisione con cui calava le reti, o il notissimo Mommo Solina, un personaggio epico morto a 90 anni nella sua casa vicino al porto di Bonagia sede di quella tonnara che egli aveva saputo rendere famosa osando oltre ogni precedente limite I Rais sono stati i personaggi chiave di un’era leggendaria, di un’epopea di miti e riti ma anche di uomini impegnati in una fatica per la sopravvivenza armati solo del loro coraggio e della fede in Dio.
Maria Guccione