Da otto mesi ostaggi dei pirati

Il cargo Savina Caylyn
“Aiutateci, ci stanno torturando”. È il drammatico appello  dei marinai italiani del cargo Savina Caylyn sequestrato dai pirati somali l’8 febbraio. Lo hanno fatto in diretta alla trasmissione Chi l'ha visto?-
“Stiamo morendo, aiutateci”, ripete Antonio Verrecchia, direttore di macchine, descrivendo le terribili condizioni in cui sono costretti a vivere.
Condizioni che sono ancora più dure per gli altri marittimi italiani che sono stati trasferiti sulla terraferma e che rischiano di essere usati come scudi umani: Giuseppe Lubrano Lavadera, di Procida, Crescenzo Guardascione, terzo ufficiale di coperta, di Procida e Gian Maria Cesaro, allievo di coperta, di Piano di Sorrento. Dalla Somalia è arrivata anche un‘altra testimonianza : “Quando si avvicinano le unità militari in pattugliamento, specialmente gli elicotteri, i pirati si innervosiscono e per noi si fa ancora più dura”, ha detto il primo ufficiale di coperta della petroliera sequestrata.


La telefonata in diretta a “Chi l’ha visto” ha di nuovo posto in evidenza il problema della pirateria. Alla luce di questo sequestro il tentativo di fornirci una chiave di lettura della attuale situazione geopolitica della moderna pirateria che ogni anno colpisce più di 17mila navi dal SudEst asiatico al golfo di Aden. Fonti giornalistiche hanno stimato che nel suo complesso la pirateria abbia un costo – compreso quello notevolissimo del pattugliamento marittimo di tutte le Marine impegnate – di dodici miliardi di dollari all’anno. Spesa che grava per gran parte sulle tasche dei consumatori finali perché se aumenta l'onere del trasporto, aumenta anche quello delle merci che per il 90% viaggiano via mare. Senza considerare le possibili ripercussioni sul prezzo del greggio.

Dalla Somalia all’Indonesia: ecco le rotte marittime battute dai pirati


A fare la differenza sulle rotte dell'Oceano Indiano, oltre il Golfo di Aden e su più a Nord nel mare Arabico e a largo delle coste dell'Oman, sono i monsoni. Durante l'estate i venti umidi che spirano da Sud Ovest fanno ingrossare il mare rendendo più difficili gli assalti dei pirati ai mercantili o alle petroliere che incrociano verso il Golfo Persico o il Mar Rosso, particolarmente battuti dai traffici commerciali. Già una nota diramata dalla Nato, datata 4 ottobre, aveva segnalato agli addetti ai lavori marittimi che con l'inversione dei venti – che a partire dai primi di settembre spirano da Nord Ovest – sarebbero tornati in attività i veloci e temibili barchini dei pirati, che si sa essere per buona parte somali. Le raccomandazioni dell'Organizzazione del Patto Atlantico ai naviganti si sintetizzano nel mettere in atto le “migliori pratiche” per “rendere più difficile la possibilità per i pirati di salire a bordo e prendere il controllo”.
La Somalia e il Mar Rosso. La vicenda della Montecristo e delle altre due navi, la Savina Caylyn e la Rosalia D’Amato, rispettivamente da nove e cinque mesi nelle mani dei pirati, richiamano l’attenzione sulla sempreverde attività dei predoni del mare in quella porzione oceano. E a ben vedere, secondo i dati pubblicati in un rapporto dell’International Maritime Bureau, nel 2010 è proprio la zona antistante la Somalia, con i suoi 139 casi censiti, quella con la più alta incidenza di assalti (riusciti o solo tentati). “Zona rossa”, scrive la Nato nelle sue comunicazioni seguita nella lista dei luoghi mal frequentati dal Golfo di Aden, in particolare “la zona subito esterna protesa verso il Mare Arabico”. Quella porzione di acqua, corridoio obbligato per chi intende raggiungere Israele, la Giordania e l’Egitto, negli ultimi anni è stata oggetto di una maggiore attenzione da parte della marina militare internazionale e delle autorità di sicurezza. Il risultato è che gli attacchi sono nettamente diminuiti passando dai 117 del 2009 ai 53 dell'anno passato. In leggero aumento invece l'attività piratesca all’interno del Mar Rosso dove, ci spiegano le fonti, è impossibile fare un pattugliamento puntuale, visto che lo stretto ha spazio appena sufficiente per far passare una nave di grosso cabotaggio.
Otto navi e 638 uomini nelle mani dei pirati. E se i numeri fin qui indicati descrivono un fenomeno evidentemente redditizio e in costante aumento, – al 31 dicembre 2010 le navi sotto sequestro attribuite ai pirati somali erano 28 – non mancano i risvolti drammatici, dati dall’impressionante numero di persone, per lo più membri degli equipaggi, tenuti prigionieri: 638 uomini delle più disparate nazionalità. La stessa sorte, per intenderci, toccata quest’anno ai 6 italiani e ai 15 loro colleghi imbarcati sulla Rosalia e ai 22 marinai tra cui 5 connazionali che lavoravano a bordo della Savina.

Dal Bangladesh all’Indonesia.  Non solo Oceano Indiano. Scorrendo le carte si scopre infatti che un altro luogo nel quale è bene che chi incrocia non abbassi mai la guardia è la zona compresa tra il Sud dell’India e il Bangladesh dove i filibustieri hanno messo a segno 23 assalti più cinque a ridosso del continente. Ma il record negativo dell'area lo detiene l'Indonesia, con attività piratesche di nuovo in crescita dopo che fino al 2009 il fenomeno era in forte diminuzione. Nell’ultimo anno l’inversione di tendenza e gli assalti registrati salgono da 15 a 40.
 

Nave militare scorta un cargo speciale
Il triangolo caldo del mare del Sud Cina. Per trovare un altro teatro bollente basta spostarsi verso Nord-Est, nel mare del Sud della Cina, vale a dire nel triangolo compreso tra le Filippine (5 assalti nell'ultimo anno), la Malesia (18) e il Vietnam (12). Nelle acque territoriali del continente cinese invece l'attività dei bucanieri è in sensibile aumento: 31 nell'ultimo anno contro i 13 del precedente. Attacchi repentini e meno pretenziosi, spiegano gli addetti ai lavori, mirati al saccheggio e al furto. Tutt'altra storia rispetto ai sequestri delle navi, ormai in voga da cinque o sei anni in qua nell'ampia area dell'Oceano Indiano. Escono invece dal novero dei teatri più a rischio Singapore e lo stretto di Malacca, interessati da importanti rotte commerciali, un tempo famigerati, ma interessati negli ultimi anni da una costante diminuzione degli abbordaggi contro cargo in transito.
Randagio Blogini