Sbatti il mostro in prima pagina

Che differenza c’è tra i due titoli? Ventuno anni!

Il Mare, n. 13 del 1989
Il primo è del 1989, Il Mare – periodico di cultura del mare e di informazione libraria edito dalla nostra libreria e che ha cessato le pubblicazioni nel settembre 2000 – parla di un subacqueo, Luciano Costanzo, attaccato e
ucciso da uno squalo durante un’immersione nelle acque nostrane di Piombino  Il secondo Corriere.it e parla della nota vicenda di Sharm El Sheick dello scorso dicembre.
Entrambi anche se parlano dei protagonisti di eventi drammatici, ci ricordano però che sono gli squali, vittime e non mostri, a pagare il tributo più alto: gli assalti mortali agli uomini nel mondo non raggiungono la decina, mentre 200 milioni di squali vengono uccisi ogni anno. Ciò nonostante persiste la pessima abitudine nei media di sbattere in prima pagina il mostro, con i soliti luoghi comuni e molta ignoranza anche se il più antico abitatore del pianeta terra, vecchio di quattrocento milioni d’anni, oggi è a rischio estinzione.
La famiglia degli squali comprende 490 specie e altre 630 sono considerate affini. Quasi tutte hanno vita dura, un terzo è minacciato di estinzione e un altro quinto è vicino alla soglia critica.

Tonnara di Favignana, 1981
Repubblica.it del 3/2/2009
Nel Mediterraneo, dove la pressione della pesca è particolarmente alta, la percentuale di specie in crisi arriva al 42 per cento. L’Europa è responsabile del 56 per cento delle importazioni di carne di squalo e del 32 per cento delle esportazioni mondiali. La Spagna fornisce circa il 95 per cento di tutte le pinne esportate dall’Europa verso il resto del mondo, mentre l'Italia è il maggior consumatore europeo di squali e il secondo maggior importatore. Ma dove finiscono le 93 mila tonnellate di squali uccisi dai Paesi europei? La risposta è semplice. Sulle nostre tavole, camuffati da palombo, gattuccio, smeriglio o venduti con altri nomi dialettali di fantasia. Shark Alliance, una coalizione che raggruppa più di 100 organizzazioni di ricerca e associazioni ambientaliste impegnate nella conservazione degli squali, ha chiesto con forza al Parlamento Europeo di impegnarsi per il rafforzamento del divieto sul finning – l’inutile e crudele pratica che consiste nel tagliare le pinne dello squalo per poi gettarne il corpo in mare.
Finning, taglio delle pinne
La regolamentazione Europea è attualmente considerata fra le più deboli al mondo e contiene scappatoie che ne impediscono l’applicazione, dando così la possibilità ai pescatori di tagliare le pinne (si stima a due squali su tre) senza essere scoperti o puniti. Il modo più semplice ed efficace per far rispettare il divieto di finning, è richiedere che gli squali vengano sbarcati con le pinne attaccate.


Abbiamo chiesto un intervento sui recenti attacchi di Sharm  alla giornalista e scrittrice Eleonora de Sabata  presidente di Medsharks (medsharks.org), associazione italiana che fa capo a Shark Alliance,
“Gli squali godono di pessima fama – ci dice  – di fatto, le specie pericolose sono solo tre: lo squalo bianco, lo squalo tigre e lo squalo leuca. Comunque, noi non rientriamo tra le loro prede, le aggressioni avvengono perlopiù per errore.”
“Per me, continua Eleonora – che peraltro è assidua frequentatrice della nostra libreria – la situazione di Sharm è abbastanza ridicola e fastidiosa: un attacco di isteria collettiva di turisti, autorità e dei media di cui hanno tentato di approfittare anche alcuni sedicenti esperti.
Le autorità hanno voluto “risolvere” (o dare l'impressione di risolvere) un problema che metteva in pericolo il turismo, principale risorsa economica della zona. Ha autorizzato una ridicola e indiscriminata caccia allo “squalo assassino” (anche ammesso che fosse uno solo, qualcuno mi deve spiegare com’è possibile pescare selettivamente “quello” squalo.
La caccia ha mietuto diverse vittime, alcune a rischio estinzione, in barba alla normativa locale che, se non erro, vieta la pesca degli squali. La “task force” di specialisti americani invitata ha potuto solo ipotizzare, sulla base dei morsi, che gli attacchi sono stati portati da almeno due specie diverse (probabilmente il pinna bianca oceanico e il mako).

Sul perché degli attacchi nessuna risposta: nessuna delle ipotesi è verificata o verificabile. Così i media sono andati a cercare risposte più sexy: uno squalo assassino; squali affamati dalla mancanza di prede frutto della pesca intensiva; impazziti dalla presenza dell’uomo e dai cambiamenti globali; attirati dalle carcasse di montone gettate a mare da navi di passaggio...
La realtà è che non lo sapremo mai. E che comunque gli squali non hanno attaccato con l'intento di divorare la preda umana, altrimenti non avremmo i “sopravvissuti”.
L’unica conclusione che mi sento di trarre da tutto questo è che la gente dovrebbe ricordare che il mare non è una piscina, ma un ambiente naturale e selvatico – di cui gli squali sono e devono essere, anche se ormai non lo sono più – parte integrante. È proprio questo il fascino che ci porta a immergerci! Come chi si avventura per un safari nella savana sa che potrebbero esserci i leoni; o, più vicino a noi, chi va in montagna sa che l'incontro con un cinghiale potrebbe avere delle conseguenze spiacevoli. Non per questo, in caso di incidente, parte la caccia al leone o al cinghiale assassino! Chi va a mare deve ricordare che è un ambiente naturale, che gli squali sono parte integrante di quell'ambiente; che del comportamento e abitudini degli squali conosciamo poco o nulla e questo ci espone a rischi aggiuntivi.” E Eleonora conclude con un saggio avvertimento: “In poche parole, in mare più attenzione, più accortezza e serietà: si tratta di un ambiente naturale, non di Disneyland.”

Concetti che non si può non condividere anche se l'animale più temuto dagli italiani è lo squalo, più del leone, del serpente, del ragno e del topo, dati – attuali oggi più che allora – che emersero nel giugno 1997 da un sondaggio  dell'Istituto CIRM, svolto in occasione di Amor di Mare, la seconda edizione della festa internazionale del mare, organizzata a Roma, terrazza del Pincio, dalla nostra libreria.
Il sondaggio confermò che le informazioni degli italiani sullo squalo sono un po’ confuse, non sanno, tra le altre cose, che il grande squalo bianco é presente anche nel Mediterraneo e che incontrarne uno è cosa assai improbabile. Comunque la coscienza ambientalista iniziava già allora ad attecchire: alla domanda “come si potrebbe risolvere il problema degli attacchi degli squali” solo 1'8% proponeva di eliminarli. Mentre il 52% era conscio del fatto che il maggior nemico dello squalo sia l’uomo!
La fotografia di lato è stata scattata nel maggio 1977 presso lo stabilimento Florio di Favignana. Questa creatura lunga ben nove metri era rimasta intrappolata nelle reti della tonnara. Si tratta di un Cetorhinus maximum, squalo elefante. Dal greco ketos, mostro marino e rhinos naso, per il muso molto allungato. È il secondo pesce al mondo per dimensioni dopo lo squalo balena. Le enormi fauci aperte mostrano le arcate branchiali che filtrano il plancton di cui si nutre. Forse è la specie più a rischio tra tutti gli squali a causa di una pesca indiscriminata. La sua enorme mole e la gran quantità di prodotti che si possono ricavare, ne hanno favorito la caccia anche a causa della sua lenta velocità, non più di due nodi.
A proposito del Cetorino Eleonora de Sabata e la sua associazione ti invitano a sostenere l’operazione squalo elefante.