Continua il massacro degli squali alle Isole Azzorre

Lo “shark finnig” alle isole Azzore è un vero massacro. Inconcepibile da ogni mente più o meno umana. Concepibile però quando se ne conoscono le ragioni che tendono decisamente verso una motivazione prettamente politica e che riguarda, in ambito europeo, solo la Spagna e il Portogallo che non vogliono saperne di trovare un accordo che soddisfi anche gli altri paesi europei. Una via di mezzo magari ci sarebbe pure tra i cosiddetti “permessi speciali”, quelli cioè rilasciati a circa duecento pescherecci  spagnoli e portoghesi che, nonostante il divieto, ancora sbarcano in porti diversi sia le pinne che le carcasse degli squali compromettendo così l’effettuazione dei controlli sul prelievo da parte dell’autorità. 
La proposta  della Commissione Europea, già appoggiata anche dalla Commissione Ambiente  e dal Consiglio dei Ministri, quindi anche dall’Italia, è quella di separare le pinne dallo squalo solo quando questo è già a terra e non prima. In questo modo si avrebbe un perfetto controllo sul prelievo.

Questo massacro per una zuppa! Vergogna… 
Il vero problema è che la zuppa di pinna di squalo è una specialità della cucina popolare in Cina fin dalla dinastia dei Ming. Tradizione quasi impossibile da sradicare, anche perché si è diffusa in tutto il mondo col diffondersi dei ristoranti cinesi.


E proprio negli ultimi giorni di Settembre si è di nuovo riunita la Commissione Pesca del Parlamento Europeo che, per l’ennesima volta, non ha trovato una soluzione definitiva al problema per l’opposizione dell’europarlamentare portoghese Patrao Neves che ha usato il suo ruolo di relatore pur di non far adottare i necessari miglioramenti proposti dalla Commissione.  Pur essendo vero che l’articolo 4 riguardante i permessi speciali è stato cancellato,  è pur vero che sono passati emendamenti poco chiari e inconsistenti che potrebbero ancora indebolire il Regolamento.
La parola passa ora alla votazione plenaria del prossimo 19 Novembre (sempre che non venga prorogata) durante la quale ci si augura che tutti i parlamentari europei, italiani compresi, voteranno a favore  della proposta della Commissione Europea che prevede che gli squali vengano sbarcati con le pinne naturalmente attaccate al corpo senza alcuna eccezione.
 Il finning è una pratica degna dell’inciviltà. Agli squali vengono tagliate tutte le pinne e i corpi ributtati in mare ancora vivi. Tutto questo avviene perché vi è un forte incentivo economico nella vendita delle pinne che, oltretutto, possono essere facilmente stoccate e surgelate in spazi minimi a bordo delle barche. La carne dello squalo, invece, viene eliminata perché scarsamente redditizia e troppo voluminosa per essere stivata a bordo.
La domanda di pinne di squalo è aumentata vertiginosamente dal 1980. Sul mercato di Hong Kong il loro prezzo varia dai dai 90 ai 300 euro al chilo mentre la carne, sul mercato europeo, varia da 1 a 7 euro. Il motivo della forte impennata della domanda di pinne di squalo sul mercato cinese sta nella costante crescita dell’economia di quel paese.
Verdesca (Prionace glauca), foto di Peter Psomadakis
L’Europa,  e la Spagna in particolare, sono i maggiori fornitori del mondo di pinne di squalo verso l’Est asiatico. Secondo una recente stima dell’Iucn (Unione mondiale per la conservazione della natura) ogni anno nel mondo si uccidono per la loro pinna più di 70 milioni di squali. Un mercato che vale oltre un miliardo di dollari. Nei ristoranti chic di New York una scodella di zuppa arriva a costrare cento dollari e un chilo di pinne anche 700 di dillari. Una follia! se si spensa che allcune specie sono a rischio estinzione, decimate fino al 90%.
Mako
Fra le tante assurdità di tale mercato ciò che più andrebbe messo in evidenza è quanto inconsistente, se non addirittura di basso livello civile, sia l’utilizzo delle pinne nella cucina cinese. La prima cosa che fa inorridire è con quanta leggerezza i cinesi gustino nei loro ristoranti la “leggendaria” zuppa di squalo sapendo benissimo cosa c’è dietro. Poi, e forse pochi lo sanno, ma la zuppa in questione non è altro che un brodino a base di pollo in cui le pinne di squalo, che sono totalmente prive di sapore, servono soltanto per rendere il tutto un po’ più colloso. Dimenticavo di dire che queste famigerate pinne sono ritenute dalla scienza prive di qualsiasi valore nutrizionale. Tutto questo è sufficiente per per far capire a tutti, ma lo capirebbe anche un bambino, che il piatto servito nei più cari ristoranti di Hong Kong non è altro che un bluff, un vero e proprio status simbol e basta.
Massimo Clementi

Massimo Clementi
Pubblichiamo volentieri questo contributo di Massimo Clementi che oltre ad essere da sempre vicino alla nostra libreria, è giornalista, subacqueo, autore di libri, cine operatore. Il suo impegno professionale inizia nel 1969 con la pubblicazione sulla rivista “Nautica” del primo reportage dal Sinai subito dopo la fine della “guerra dei sei giorni”. Il successo fu tale che il governo israeliano e la compagnia aerea El Al gli affidarono il compito di sviluppare un progetto per tentare di far nascere il turismo subacqueo nei territori occupati. Grazie anche al suo impegno di divulgazione, il Sinai e in particolare località come Sharm el Sheik, sono divenute le mete per eccellenza dei sub di tutto il mondo. Da allora non si è più fermato lavorando per la RAI sia alla radio che alla Tv.
Le fotografie degli squali vittime del finning le abbiamo riporese da Wikipedia 

Shark Alliance, una coalizione di oltre 100 organizzazioni di ricerca, associazioni ambientaliste e ricreative, ha lanciato per il quinto anno, la Settimana Europea dello Squalo chiedendo ai ministri della pesca dell'Unione Europea di proteggere gli squali dal sovrasfruttamento e dal finning, l'inutile e crudele pratica che consiste nel tagliare le pinne degli squali per poi rigettarne il corpo in mare.
Le associazioni che fanno parte di Shark Alliance, gli acquari, i diving e altre organizzazioni ambientaliste in almeno 16 Paesi in tutta Europa, inclusi Italia, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Lituania, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Spagna, Slovacchia, Svezia e Regno Unito organizzeranno eventi, registreranno messaggi da inviare ai ministri della pesca e raccoglieranno le firme per una petizione che chiede urgentemente ai decisori politici di resistere alla pressione dell'industria della pesca e fare pressione per proteggere gli squali.